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Argomento di grande interesse geriatrico: quando un anziano deve essere ricoverato in ospedale?

Ma anche in altre specialità i ricoveri  potenzialmente non necessari sono tanti: la Regione Lombardia ha tentato una valutazione sulle cartelle cliniche alla dimissione ospedaliera.

I numeri sono impressionanti

https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/18_luglio_30/milano-ricoverati-anche-se-non-serve-tutti-sprechi-un-dossier-06a3108a-9361-11e8-8c02-559dd2886235.shtml

I ricoveri ospedalieri impropri sarebbe più frequenti nel pubblico che nel privato.

 

 

 



 

 

Definire il Geriatra è sempre stato un tema discusso: in particolare in quali setting opera  e quali caratteristiche ha il paziente geriatrico…..

La figura professionale del Geriatria che cura solo  gli anziani fragili, magari con > 75 anni  è storica; non si accorda per nulla con il medico che ritarda i processi dell’ invecchiamento e sa valutare correttamente  il declino funzionale fisico e mentale (traiettorie) individuando anche i problemi interferenti sociali, psicologici, educativi e lavorativi-ambientali per intervenire con consigli e misure preventive.

Impensabile è che sia solo il Geriatra ad intervenire preventivamente in senso anti-aging; serve  il Medico di medicina generale competente e la collaborazione dei singoli cittadini, opportunamente educati ed informati. Si parla anche di attività di advocacy per far emergere finalmente i fattori che condizionano la qualità e la rapidità degli inevitabili processi dell’ invecchiamento.

Gli obiettivi formativi delle cure primarie devono essere pertanto essere rivisti ed aggiornati con le nuove conoscenze  così come i programmi complessivi (curricula) dei corsi di laurea delle scuole di medicina delle tante università italiane.



 

Un sistema che si sta dotando degli strumenti necessari per garantire la presa in carico delle patologie croniche e per mettere in campo iniziative di prevenzione e medicina d’iniziativa ma che non è ancora in grado di governarli organicamente nella gestione dei percorsi di cura e dell’esperienza del paziente tra ospedale e territorio: è ciò che emerge dalle attività di ricerca dell’Osservatorio Nazionale Cure Primarie del Centro di ricerca Cergas di Sda Bocconi, presentate oggi. Il progetto, sviluppato dal Cergas insieme a Fiaso e col contributo di Bayer, ha visto la partecipazione triennale di 13 aziende territoriali locali collocate in 7 regioni italiane, con l’obiettivo di studiare e confrontare l’innovazione organizzativa e assistenziale per la presa in carico della cronicità per poi diffondere le best practices a livello di sistema. «Il Sistema sanitario nazionale ha sviluppato negli anni una ricchissima cassetta degli attrezzi per il governo della cronicità e lo sviluppo delle cure primarie in particolare i Sistemi Informativi, i Pdta (piani diagnostico terapeutici ed assistenziali) e la consapevolezza di logiche di medicina di iniziativa di presa in carico. Il pezzo di strada che ci manca è la messa a sistema di questi strumenti e la loro diffusione strutturata in tutte le aziende». “L’integrazione professionale richiede lo sviluppo di nuove formule di servizio e di nuovi strumenti di ingaggio professionale. Al momento, le aziende del Ssn non sono state in grado di sviluppare e diffondere un mix efficace di incentivi per migliorare la qualità della presa in carico e stimolare la collaborazione multidisciplinare. Tra le forme di incentivi analizzate, le più comuni sono quelle per il governo clinico (sviluppate dall’80% delle aziende partecipanti all’Osservatorio), che riguardano principalmente l’attività di prevenzione (50%) e l’accessibilità dei medici di medicina generale (40%). Il 60% delle aziende ha invece sviluppato incentivi rivolti al miglioramento organizzativo, favorendo l’informatizzazione e la comunicazione dei dati tra professionisti o, più raramente (40% dei casi), stimolando l’attivazione di gruppi di lavoro per sviluppare e diffondere know-how. Sostanzialmente assenti sono gli incentivi legati alla dotazione di specifici fattori di produzione, mentre sempre maggiore attenzione si sta focalizzando verso quelli relativi alla presa in carico della cronicità, che però si concentrano al momento più sull’attivazione di Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali (Pdta) e sul rispetto di target di arruolamento e prevalenza che sulla valutazione di indicatori di processo e, ancor meno, di esito”. Francesco Ripa di Meana, Presidente della Federazione Italiana delle Aziende Sanitarie e Ospedaliere, ha aggiunto: «Quella della presa in carico delle cronicità rappresenta la vera sfida sulla quale si gioca la tenuta e la qualità assistenziale del nostro Ssn per i prossimi 40 anni. Una sfida che può essere vinta se si sapranno trasformare in opportunità le criticità del sistema. Come quella sulle politiche del personale che possono diventare occasione per valorizzare i professionisti e ridisegnare i modelli organizzativi di assistenza nel territorio, attraverso la creazione di strutture a bassa intensità di cura e di Reti cliniche e Pdta capaci di garantire al contempo supporto multidisciplinare necessario agli assistiti con bisogni e complessità differenti e continuità assistenziale». “L’eterogeneità delle soluzioni organizzative – spiegano Cergas e Fiaso – adottate dalle aziende nel progettare il patient journey e la scarsa diffusione organica degli strumenti per il governo della cronicità si conferma nell’analisi retrospettiva delle traiettorie di consumo sostenute da coorti omogenee di pazienti condotta attraverso l’utilizzo dei database amministrativi su oltre 55 mila pazienti con scompenso cardiaco e 15 mila pazienti con fibrillazione atriale. L’analisi dei dati evidenzia, oltre a marcate eterogeneità nelle formule assistenziali definite da ciascuna aziende, importanti differenze infraziendali nell’accesso ai servizi che mettono in dubbio l’equità orizzontale del sistema. Altrettanto rilevanti sono i dati relativi alle strategie terapeutiche: nello scompenso il 13% dei pazienti analizzati non risulta trattato a livello farmacologico oppure è trattato con farmaci non raccomandati dalle Linee Guida internazionali; nella fibrillazione atriale, invece, circa il 30% degli individui non presenta prescrizioni di farmaci anticoagulanti e la continuità della terapia con Nuovi Anticoagulanti Orali (Nao) mostra a livello aziendale valori che variano tra il 27% e il 94%”.

Così si continuano a leggere frasi consuete e storiche come “Il Sistema sanitario nazionale ha sviluppato negli anni una ricchissima cassetta degli attrezzi per il governo della cronicità e lo sviluppo delle cure primarie”; “In particolare i sistemi informativi, i   Pdta e la consapevolezza di logiche di medicina di iniziativa di presa in carico. Il pezzo di strada che ci manca è la messa a sistema di questi strumenti e la loro diffusione strutturata in tutte le aziende”.

Tra le forme di incentivi analizzate, le più comuni sono quelle per il governo clinico.  Sono sviluppate dall’80% delle aziende partecipanti all’osservatorio, e riguardano principalmente l’attività di prevenzione (50%) e l’accessibilità dei medici di medicina generale (40%). Il 60% delle aziende ha invece sviluppato incentivi rivolti al miglioramento organizzativo, favorendo l’informatizzazione e la comunicazione dei dati tra professionisti. Più raramente (40% dei casi), stimolando l’attivazione di gruppi di lavoro per sviluppare e diffondere know-how. Sostanzialmente assenti sono gli incentivi legati alla dotazione di specifici fattori di produzione.

Sempre maggiore attenzione, però, si sta focalizzando verso quelli relativi alla presa in carico della cronicità, che però si concentrano al momento più sull’attivazione sui Pdta. “Questa è una sfida – spiega il presidente di Fiaso Francesco Ripa di Meana – che può essere vinta se si sapranno trasformare in opportunità le criticità del sistema. Come quella sulle politiche del personale che possono per valorizzare i professionisti e ridisegnare i modelli organizzativi di assistenza nel territorio, attraverso la creazione di strutture a bassa intensità di cura e di reti cliniche e Pdta”.

L’eterogeneità delle soluzioni organizzative adottate dalle aziende nel progettare il patient journey e la scarsa diffusione organica degli strumenti per il governo della cronicità si conferma nell’analisi retrospettiva delle traiettorie di consumo sostenute da coorti omogenee di pazienti condotta attraverso l’utilizzo dei database amministrativi su oltre 55 mila pazienti con scompenso cardiaco e 15 mila pazienti con fibrillazione atriale.

 

(da Internet)



Il problema delle dimissioni ospedaliere dei pazienti geriatrici è molto spesso un problema: come conseguenza si verificano ricoveri ripetuti e complicanze di vario tipo.

Si propone anche a scopo didattico l’ istituzione di una UO specifica con medici dell’ ospedale e delle cure primarie che prenda in carico per un periodo limitato  i pazienti dimessi geriatrici opportunamente selezionati: si propone un modello di medicina di transizione per realizzare continuità curativa ed assistenziale.

L’ obiettivo è il recupero funzionale e l’ autosufficienza del malato con interventi personalizzati.

 

Si veda:    UO out pazienti



10 Commandments of Care for the Hospitalized Elderly

 

  1. Bed rest is for dead people (and a few others). Get people moving!;   1 day in bed = 5% total strength loss, takes 3 days of intense rehab to erase; Hospital Associated Functional Decline → inability to care for self developing during acute illness, affects 30% of older inpatients!
  • The fewer drugs, the better. Review & tailor meds daily.
    Hospitalization is an opportunity to reduce inappropriate outpatient meds; don’t be shy about talking statins, BP meds!
  • Curate tethers (legami) : remove IVs, catheters ASAP (aspiration catheter kit). Make a case for adding tethers inthe first place
  • Delirium is a medical emergency. Assess cognitive statusdaily ;… prevention is KEY
  1. Treat with antipsychotics only when necessary; start with low oral doses for dangerous or refractory behaviors.
  2. Treat restraints as a last resort
  3. Watch for and address depression
  4. Pay attention to food & fluids consumed. Ask early if intakedeclines Remember taste and thirst thresholds are higher in older adults!
  5. Discharge planning starts on admission!
  6. Be proactive discussing goals of hospitalization

 



L’individuo è un soggetto complesso, composto da varie dimensioni che comprendono la sfera fisica, quella cognitiva, quella biologica, quella psicologica, quella economica, quella spirituale e quella sociale.

Quindi l’ approccio è complesso per i medico o lo psicologo: la definizione della personalità è importante già nei primi anni di vita perché condiziona la qualità dello sviluppo, la resilienza ai vari eventi ambientali, gli stili di vita e anche l’ inevitabile processo dell’ invecchiamento. Invecchiando insorge  spesso la nostalgia condizione esistenziale alla quale ciascuno di noi non può non andare incontro negli snodi infiniti della vita. La nostalgia e la nostalgia ferita dal trascorrere del tempo è intessuta di ricordi che hanno a che fare con il passato , e non con il futuro, con un passato che è luminoso e scintillante, o invece oscuro e lacerante, ricordi che nascono e muoiono come farfalle fragili ed effimere, eteree e inafferrabili (da Borgna)

I dati sulla psicologia della vita, correttamente raccolti, dovrebbero costituire una fondamentale banca dati sulla quale fare ricerca applicata per comprendere i rapporti fra persona e ambiente. I politici dovrebbero pensare soprattutto a rendere migliore l’ ambiente di vita, la qualità della vita dei cittadini compresa la sicurezza: invece troppo spesso si interessano prevalentemente  della sanità !



L’invecchiamento  non è solo caratterizzato da aspetti negativi legati a multipatologia compreso il declino cognitivo. Il Medico dovrebbe essere in grado di  valutare le strategie comunicative degli anziani, la loro intelligenza e il loro bisogno di affettività.  Tra i fattori che concorrono alla buona comunicazione, importante è il ruolo della percezione e del linguaggio. La percezione negli anziani può essere compromessa soprattutto a livello visivo e acustico; per compensare i deficit sensoriali sono applicate varie strategie percettivo-cognitive. Il linguaggio negli anziani pur non subendo particolari modifiche, se non per quanto riguarda l’anomia, riveste un ruolo di secondo piano rispetto al non verbale che diventa una maggiore espressione dello stato d’animo. L’intelligenza dell’anziano non subisce un declino generale bensì avviene un’ottimizzazione dei processi cognitivi per cui vengono preservati alcuni processi intellettivi che restano intatti. Aspetto dell’intelligenza è la creatività che con l’età trova nuovi spunti, e può migliorare la vita dell’anziano suggerendogli nuovi interessi. Per ciò che concerne l’affettività, sicuramente il bisogno di amare e di essere amati non dipende dall’età:  anzi nell’anziano si può notare un maggiore arricchimento sul piano emozionale.

La ricerca psicogerontologica degli ultimi decenni ha di fatto portato alla revisione totale degli stereotipi sull’invecchiamento psichico. Non tutte le persone invecchiano allo stesso modo e si rileva l’importanza e l’interesse di una continua evoluzione e di una storicità delle esperienze. «Il tempo viaggia con diversa andatura a seconda delle persone», sosteneva Shakespeare. La vecchiaia rappresenta l’epilogo di un processo di apprendimento e di conoscenza sviluppato lungo l’intero arco esistenziale e che può portare a ponderazione, saggezza, sintesi creativa nel considerare i fenomeni della vicenda umana. La comunicazione, il dialogo, l’esercizio delle funzioni psicofisiche, la sicurezza degli affetti, gli obiettivi da raggiungere, il desiderio di vivere, di testimoniarsi offrono allo spirito creativo l’immagine e la composizione del proprio senso narrativo. L’essere creativi da vecchi prepara e aggiunge novità alla propria storia. «Ad ogni età un clima diverso, ma fiori sempre e frutti sempre», ed affermava Hegel: «La vecchiaia naturale è debolezza; la vecchiaia dello spirito, invece, è la sua maturità perfetta, nella quale esso ritorna all’unità come spirito».

Il concetto di invecchiamento è sempre stato definito con un un’accezione negativa, una fase della vita caratterizzata da una progressiva perdita di interessi e di obiettivi. Di fronte ad una costante crescita della popolazione anziana, si è fatta strada l’ idea di una terza età non solo come un periodo di declino, ma anche come una fase costellata da nuovi progetti, attività e vita sociale (invecchiamento attivo, ma anche positivo).

Si è parlato anche di ’invecchiamento “di successo” che  a differenza di quello patologico e quello usuale, è caratterizzato da un’elevata funzionalità a livello generale e da bassi rischi di patologie e disabilità correlate ad esse (ne è un esempio l’osteoporosi, che va ad inficiare la fragilità ossea aumentando il rischio di fratture). Elevate capacità fisiche ed un mantenimento di buone capacità cognitive, come nel problem solving e nell’apprendimento di nuove competenze, permetterebbero un positivo livello generale di funzionamento che getterebbe le basi per una fase di vita attiva e produttiva, due fattori che andrebbero a rinforzare il concetto di autoefficacia percepita (Bandura, 2000), sottostante alla credenza di poter intervenire sulla propria vita in maniera diretta e funzionale.

Uno dei maggiori studiosi dell’ invecchiamento, Baltes, nella sua definizione di sviluppo dell’uomo ha stabilito come principio base la dialettica “guadagni-perdite”: nell’età anziana predominano le perdite, a differenza dell’adolescente. Queste perdite si affrontano  grazie a due concetti fondamentali della teoria: le risorse e le riserve. Le risorse, fisiche, cognitive e di personalità sono in relazione sistemica, ed in caso di declino esse verrebbero intaccate seguendo un “processo a cascata”. Le riserve invece sono rappresentate da tutte quelle capacità, competenze e nozioni apprese durante l’arco di vita che potrebbero venir sfruttate proprio nella terza età per riorganizzare e rivalutare la propria vita (ad esempio dopo il pensionamento o di fronte ad un importante lutto). Il culmine della teoria di Baltes che spiega come sia possibile un invecchiamento positivo è dato da un insieme di strategie di Selezione, Ottimizzazione e Compensazione (SOC), che applicate in maniera coordinata permetterebbero all’individuo anziano di minimizzare le perdite e massimizzare i guadagni per indirizzare autonomamente la sua vita (Baltes e Baltes, 1990).

L’ invecchiamento positivo  è così il risultato di una selezione e ottimizzazione di quelle relazioni più consolidate e capaci di dare una maggior sicurezza e una maggior vicinanza emotiva, “scartando”, invece, quelle più superficiali e negative. Questo processo di ristrutturazione sarebbe mosso da un cambiamento di obiettivi: Se nella gioventù prevalgono obiettivi di espansione del Sè, nell’età anziana vi è una ricerca di conferma del sé e questo può avvenire solo tramite il supporto di una rete sociale capace di fornire un’adeguata intimità relazionale centrata su emozioni positive.

In questo modello teorico due variabili entrano in gioco nell’ invecchiamento positivo: i fattori socio-culturali, come ad esempio l’aver vissuto in prima persona una guerra, e l’esposizione ad eventi stressanti, quali possono essere un divorzio o un lutto. L’anziano riesce a fronteggiare questi due aspetti critici grazie alle proprio risorse interne, come una buona percezione di sé, una buona autoefficacia,  ma anche una buona motivazione nell’investire il proprio tempo in attività fisiche, e alle proprie risorse esterne come l’avere una buona capacità economica ed una rete sociale. Oggi, inoltre, hanno una particolare rilevanza anche le risorse emergenti quali l’utilizzo del Pc e la navigazione nel Web (come evidenziato dagli stessi autori).

La combinazione di queste risorse permetterebbe l’attuazione di comportamenti e strategie preventive finalizzate ad un invecchiamento di successo e alla prevenzione dei disturbi e delle malattie.

 Quali sono i fattori che ci aiutano a resistere e ad invecchiare positivamente?

Essi possono essere definiti come un insieme di circostanze che contrasterebbero l’azione dei fattori di rischio, fattori che possono aumentare la probabilità di perdere la salute o di comprometterla e possono essere di natura individuale o di natura sociale. Tra i primi vanno annoverati le caratteristiche individuali di personalità, come ad esempio l’estroversione che favorirebbe l’instaurarsi di una buona rete sociale e amicale, permettendo ad un individuo anziano di percepirsi amato e valorizzato.

Un altro fattore protettivo è la capacità di “progettare” la salute e il benessere: l’uomo mette in atto delle scelte o dei comportamenti che avrebbero  vantaggi (o svantaggi) a lungo termine, instaurando una spirale continua di piccoli effetti. Si pensi ad un anziano che inizia a frequentare un’università della terza età: questa scelta comporterà l’accrescimento delle conoscenze, l’allenamento delle capacità cognitive e l’ampliamento della propria rete sociale, o ad un altro che decide di smettere di fumare e seguire una dieta equilibrata.

La resilienza  in età anziana, definita  come  capacità di gestire in modo costruttivo gli eventi critici della vita, sarebbe una forza motrice alla base di un comportamento strategico, capace di motivare l’anziano ad investire in nuovi obiettivi di vita, di vedere il futuro lì dove apparentemente non dovrebbe esserci..

Baltes propone un sistema integrato di risorse, che insieme concorrerebbero a determinare buoni livelli di funzionamento e benessere:  senso-motorie: intese come una buona autonomia e capacità fisica, ad esempio avere un buon udito o una buona vista; risorse cognitive: risorse correlate all’efficienza intellettiva generale: avere una adeguata flessibilità cognitiva per adattare il proprio pensiero a situazioni e problemi nuovi.
risorse di personalità: dipendenti dai propri tratti di personalità e da come essi vengano espressi; risorse sociali: avere il supporto di una buona rete sociale che dovrà essere realizzata.



La popolazione più longeva è stata oggetto di valutazioni epidemiologiche e biodemografiche: si elencano di seguito i più significativi studi (non sono tutti) effettuati sugli oldest-old (età > 85 anni):

 

Leiden 85-plus study : http://www.lumc.nl/con/2095/83047/86636/90106004730420/

 

The 90+ Study: http://www.alz.uci.edu/research/90plus/

 

The Tokyo oldest-old survey on total health (TOOTH):

http://www.biomedcentral.com/content/pdf/1471-2318-10-35.pdf

 

The survey of health, ageing, and retirement in Europe  – SHARE :

http://www.share-project.org/uploads/tx_sharepublications/CH_2.2.pdf

 

Newcastle 85+ study

http://www.biomedcentral.com/content/pdf/1471-2318-7-14.pdf

 

Dementia in the oldest-old : the Monzino  80-plus study: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3120664/pdf/1471-2377-11-54.pdf

 

AHEAD assets and health dynamics of the oldest-old: http://psychsocgerontology.oxfordjournals.org/content/52B/Special_Issue/1.abstract

 

Analyses od Canada’s oldest-old: from the survey of ageing and independence: http://publications.gc.ca/collections/Collection/H39-574-1999E-5.pdf

 

Chinese Longitudinal Healthy Longevity survey b- CLHLS: ; http://www.usc.edu/dept/gero/CBPH/network/resources/studies/clhls.shtml

http://www.icpsr.umich.edu/icpsrweb/NACDA/studies/03891

 

Kaiser permanente study of the oldest-old:

http://www.icpsr.umich.edu/icpsrweb/NACDA/studies/4219?classification=NACDA.I.&geography=California&paging.startRow=1

 

Umeå 85+ study

http://www.ep.liu.se/ej/ijal/2006/v1/i1/a5/ijal06v1i1a5.pdf

 

SWEOLD, Swedish panel study of living conditions of the oldest-old :

http://www.chess.su.se/research/data-materials/the-swedish-panel-study-of-living-conditions-of-the-Oldest-old-sweold/the-swedish-panel-study-of-living-conditions-of-the-oldest-old-sweold-1.54105

 

ELSA, English Longitudinal Study of Ageing

http://www.ifs.org.uk/ELSA

 

ILSA, Italian Longitudinal Study on Aging

http://www.aging.cnr.it/ilsa

( lo studio ha arruolato fino ad 85 anni)

 

BLSA, Baltimore Longitudinal Study of Aging

http://www.nia.nih.gov/health/publication/healthy-aging-lessons-baltimore-longitudinal-study-aging/blsas-ideal-future

 

LSOA,  Longitudinal study of Aging

http://www.cdc.gov/nchs/lsoa/lsoa2.htm

 

New England Centenarians Study – NECS:

http://www.bumc.bu.edu/centenarian/

 

OCTO-Twin study :

http://ki.se/ki/jsp/polopoly.jsp?l=en&d=13903&a=30151

 

The Ikaria Study –

http://www.hindawi.com/journals/crp/2011/679187

 

Questi studi hanno esteso  la ricerca anche clinica agli oldest-old  in diversi contesti sociali e in diverse  discipline mediche e non; le caratteristiche e i bisogni di questa  eterogenea popolazione  non sono  sufficientemente noti. Anche la multipatologia e i cluster di malattie dovrebbero essere descritti anche in rapporto al sesso. Si è cercato un  modello  per spiegare la lunga sopravvivenza, ma le risposte non sono univoche. L’anziano affronta la lunga esistenza  utilizzando strategie che riguardano gli atti e i comportamenti della vita quotidiana vissuta in un ambiente variamente favorevole. Le esperienze vissute e le capacità fisiche e mentali maturate ed affinate incidono sui processi di adattamento che fanno leva sulle residue capacità, sulla plasticità funzionale, sulla resilienza e sulle risorse sociali disponibili; queste contrastano gli effetti negativi dell’invecchiamento, delle inevitabili malattie croniche e della variabile disabilità conseguente.  La resilienza agli stress ripetuti , la coerenza, gli scopi nella vita sono fondamentali per raggiungere l’età più avanzata. La medicina del grande vecchio si interessa anche di questi aspetti, ma nella pratica rimane prevalentemente funzionale puntando a conservare le prestazioni fisiche e mentali fino all’età più avanzata; è  consapevole che il ricovero ospedaliero aggiunge spesso fragilità a quella esistente e che l’accanimento terapeutico è una componente negativa delle cure complessive  che richiedono l’ implementazione delle  cure palliative.

I capitoli del libro sui grandi vecchi eviteranno i tradizionali argomenti clinici riferiti ad organi ed apparati, ma affronteranno  le problematiche più rilevanti e con le maggiori carenze teoriche e pratiche. E’ frequente  il richiamo alla  successful aging ; questa  non è frequente nel grande vecchio;  la disabilità però non esclude  un’accettabile  qualità della vita. La valutazione della resistenza o resilienza ai prolungati  stress della vita si realizza con  l’anamnesi narrativa che comporta  riflessioni e racconti su come sono stati affrontati e superati eventi negativi della vita; il racconto aiuta a comprendere la complessità emozionale del grande vecchio e anche la cognitività disponibile. Lo scarso benessere fisico e mentale compromette l’umore dell’anziano che  tante volte  non è soltanto tristezza, ma  depressione vera anche se  sottosoglia.  La sanità pubblica dovrebbe creare banche dati per descrivere accuratamente la situazione socio-sanitaria di questi cittadini che molto spesso hanno bisogni non soddisfatti e vivono in solitudine.



Gli Studenti, futuri medici, non sono abbastanza informati che i loro clienti  saranno prevalentemente anziani e soprattutto grandi anziani  (> 85 anni). Le caratteristiche del malato anziano, la loro fisiologia e psicologia in particolare, sono parzialmente illustrate durante i sei anni del corso di laurea: la Geriatria ha solo l’ 1% dei crediti formativi totali.

Per approfondire alcuni aspetti specifici i veda un testo online : https://www.sigg.it/manuale-di-competenze-in-geriatria/  

 

 


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