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Let’s appreciate excellent research in gerontology and geriatric !

Editorial  

Scientists working in the fields of aging, from biogerontology over social and behavioral gerontology to geriatric medicine, are awarded by the results of their research. Getting insight into the mechanisms of aging, understanding trajectories across the life course, and bringing forward knowledge about the best interventions in clinical fields and long-term care are highly satisfying for researchers in this field. When working in practical and applied settings, gerontologists and geriatricians will get also positive feedback from patients and clients.

Could we as organized scientists in this field do better? The answer is: “yes, we can”! One way of public recognition are scientific awards granted to excellent scientists at the meetings of our scientific associations. For this reason, the International Association of Gerontology and Geriatrics, European Region (IAGG-ER) has decided to highlight two groups of excellent scientists to the public: experienced scholars who have brought research in gerontology and geriatrics in Europe to new levels, and emergent scholars who are still new in the field, but have nevertheless contributed substantially already.

IAGG-ER award for advances in gerontology and geriatrics

The “Award of IAGG-ER for Advances in Gerontology and Geriatrics” is given to scientists who have elevated the significance of research in gerontology and geriatrics and who have attained public approval in Europe. Scientists from the three fields of IAGG-ER—biological, clinical, and social-behavioral aging research—are eligible. The award represents an honorable silver medal depicting the emblem of the IAGG European Region and a diploma. Criteria for the award are achievements in gerontology and geriatrics, recognition in Europe as well as substantial publications.

IAGG-ER award for emergent scholars in aging research

The “European Award for Emergent Scholars in Ageing Research” is given to excellent emergent scholars in European aging research. Criteria for the award are substantial advances to the field of aging research. The candidates should have obtained their Ph.D. within the last 10 years. Links to Europe are important, too: the candidate should have completed their Ph.D. in Europe or they should be currently working in Europe (or both criteria apply).

I would like to invite the readers of the Journal “European Geriatric Medicine” to think about candidates for both awards and nominate them: Let’s appreciate excellent research in gerontology and geriatrics! Deadline for nominations is November 30, 2018. More information for both awards can be found at IAGG-ER’s website (http://www.iagg-er.net). Both awards will be presented at the next European Congress of IAGG-ER which takes place between May 23 and 25, 2019 in Gothenburg, Sweden (http://www.iagger2019.se).

See you next year in Gothenburg!



Il paradosso di un paese “vecchio”, ma con un’assistenza geriatrica scadente

di Raffaele Antonelli Incalzi, Presidente Società italiana di gerontologia e geriatria (Sigg)

Che l’Italia sia un paese di anziani, il più vecchio al mondo dopo il Giappone, è noto a tutti. Forse è meno ovvio che la qualità della vita di chi invecchia è funzione della rete relazionale e sociale, la quale dipende in larga misura dalla presenza dei giovani. L’insieme stesso dei supporti sociali è realmente efficiente se fondato su una consistente presenza di giovani: è difficile invecchiare in un paese di vecchi, ed è questa, purtroppo, la condizione in cui si invecchia in Italia, specie in alcune regioni. Solo misure volte a promuovere la famiglia e la natalità, sulla scorta dell’esempio di paesi come la Svezia e la Francia, potranno riequilibrare il rapporto tra le classi di età, permettendo agli anziani di godere di un sostegno affettivo ed economico altrimenti carente.

Il SSN opera come se i principali fruitori non fossero gli anziani e il sistema universitario come se non servisse formare professionalità con competenza geriatrica.
Come uscirne? Le evidenze scientifiche a supporto delle possibili soluzioni sono solide. Per fruirne serve promuovere la formazione geriatrica e aumentare la disponibilità di geriatri e figure sanitarie non mediche con specifico expertise geriatrico. Parimenti, è indispensabile un ripensamento della logica organizzativa dei servizi che ne ottimizzi e semplifichi la fruizione da parte dei più deboli e integri sociale e sanitario, ora mediamente divisi e non armonizzati. Preliminare a tutto è l’acquisizione diffusa della consapevolezza del problema invecchiamento nella nostra società al di là di slogan e banalizzazioni. Non possiamo permetterci di ignorare o banalizzare l’invecchiamento e il suo portato di problemi, celebrando un invecchiamento di successo che in realtà è di pochi. Solo così potremo garantire un’assistenza dignitosa a chi invecchia e farlo in un contesto di sostenibilità dei relativi costi.

È sorprendente che ogni anno siano disponibili solo 164 posti di specializzazione in Geriatria, a fronte –ad esempio- dei 396 in Pediatria, come se fosse del tutto ignoto o ignorato il trend demografico e il fabbisogno conseguente. Parimenti, la Geriatria non è primaria materia di insegnamento in molte scuole di laurea in scienze infermieristiche e solo un’esigua minoranza dei master di formazione post laurea in Scienze infermieristiche sono dedicati al malato anziano, la stragrande maggioranza essendo destinata al management e all’emergenza e urgenza. Manca del tutto l’idea e, quindi, il ruolo del case manager, figura professionale di estrazione infermieristica o riabilitativa capace di eseguire la valutazione multidimensionale, attivare e coordinare gli interventi assistenziali.

Non per caso già oggi il sopravvenire della disabilità spesso recide il legame tra famiglia, abitualmente piccola, frammentata ed economicamente instabile, e anziano, relegando quest’ultimo in cosiddette strutture intermedie sociosanitarie negli ultimi mesi o anni di vita.
Accanto alla dimensione sociale, peggiora progressivamente quella sanitaria. A fronte di un diritto universale alla salute garantito dalla Costituzione, la cronaca ci mostra anziani gravemente malati che restano in pronti soccorsi per giorni e giorni prima di trovare una qualche sistemazione ospedaliera e, non di rado, dopo avere subito danni anche gravi da tale prima fase di assistenza, ad esempio sviluppo di delirium e infezioni. Lo stesso accesso alle cure, sia mediche in senso stretto che riabilitative, è spesso problematico, specie nelle regioni con un sistema sanitario meno efficiente, e la possibilità di usufruire di diagnostica integrata ambulatoriale e day hospital limitata da norme farraginose, variabili da regione a regione, spesso tali da ostacolare l’accesso di chi più ne avrebbe bisogno. Trovano negazione contemporaneamente i principi di costo/efficacia delle cure, che le regole vorrebbero perseguire, e il rispetto della dignità personale, che qualunque regola dovrebbe garantire.
Sul piano sanitario esistono solide evidenze che un approccio metodologicamente strutturato all’anziano affetto da polipatologia e disabiltià migliora diversi outcome, dalla qualità di vita al rischio di ricovero fino alla stessa sopravvivenza. Cardine di tale approccio è la valutazione multidimensionale geriatrica o comprehensive geriatric assessment, una vera e propria tecnologia dell’assistenza geriatrica che permette di esplorare in modo sistematico i limiti e le necessità del singolo paziente così da programmare razionalmente il relativo piano di assistenza. Ne esistono ampie documentazioni di efficacia e costo/efficacia nella letteratura internazionale, ma anche pregevoli esempi in Italia: il malato geriatrico complesso ha beneficiato di una significativa riduzione della durata del ricovero e di una migliore sopravvivenza allorché ricoverato in reparto per acuti di Geriatria. Ancora, alcune esperienze di valutazione multidimensionale hanno documentato una netta riduzione dei ricoveri ospedalieri e una migliore autonomia funzionale nei trattati a fronte di un minore costo complessivo dell’assistenza. Questi e altri esempi documentano la disponibilità di strumenti di provata efficacia per migliorare l’assistenza geriatrica.
Vanno implementati e tradotti in pratica quotidiana. A tal fine serve la conoscenza e coscienza del dato, ma anche la disponibilità delle figure professionali necessarie.

  Il Sole24Ore  gennaio 2018



A Modena si è svolto un torneo di Burraco,  godereccio, con almeno 120 partecipanti per di più anziani, old-old. E’ stato organizzato da 5 signore (ragazze): una di queste  prima della premiazione, ho letto il pezzo che segue…

 

“Non è facile  invecchiare con garbo!

Bisogna accertarsi  della nuova carne, della nuova pelle, di nuovi solchi, di nuovi nei….

Bisogna lasciarsi andare via la giovinezza senza mortificarla  in una nuova età  che non le appartiene.

Occorre far la pace  con il respiro più corto, con la lentezza della rimessa in sesto dopo gli stravizi , con le giunture,

 con le arterie , coi capelli bianchi all’improvviso, che prendono il posto dei “grilli per la testa”.

Bisogna farsi nuovi e amarsi  in una nuova era,  reinventarsi, continuare  ad essere curiosi , ridere.

Bisogna coltivare l’ ironia, scegliere con cura gli altri umani coi quali rapportarsi, cantare, invecchiare come si fosse

 vino, profumando e facendo godere il palato, senza abituarlo agli sbadigli.

Bisogna camminare dritti, detestarsi con parsimonia.

Non è facile invecchiare, ma l’ alternativa  sarebbe stata di morire e le 5 ragazze hanno ancora

 tante cose da imparare !



Età: 40 anni. Tempo di check-up per il Servizio sanitario nazionale italiano. A fargli indossare le vesti di ‘paziente’ ci ha pensato la Fondazione Gimbe, che ha passato in rassegna le classifiche internazionali in cui si mettono a confronto le performance sanitarie dei vari Paesi, ne ha valutato l’affidabilità e ha scelto di analizzare gli indicatori Ocse per identificare punti di forza e ‘acciacchi’ da curare. Criticità – sottolineano gli esperti – su cui orientare azioni di miglioramento. Dalla carenza di personale all’incidenza della spesa sanitaria ‘out-of-pocket’ sui consumi totali delle famiglie.Misurare la qualità di un sistema sanitario nelle sue varie dimensioni è molto complesso, fanno notare gli autori dell’analisi, e numerose variabili condizionano tali classifiche. “Al fine di verificare dove si colloca realmente il Ssn nel confronto con gli altri Paesi – spiega Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – abbiamo innanzitutto condotto una revisione sistematica e un’analisi metodologica degli strumenti elaborati da 8 organizzazioni internazionali”. “Emergono alcune raccomandazioni chiave per l’utilizzo” delle varie classifiche “nel dibattito pubblico e, soprattutto, nelle comunicazioni istituzionali”.Per esempio, elencano gli autori della revisione, la classifica dell’Organizzazione mondiale della sanità(Oms), pubblicata nel 2000 su dati del 1997, oggi “riveste solo un valore storico”; la classifica Bloomberg misura esclusivamente l’efficienza dei sistemi sanitari, mettendo in relazione aspettativa di vita con spesa pro-capite; l’Euro Health Consumer Index viene considerato affidabile dal Gimbe, che evidenzia come collochi il Ssn “al 20esimo posto su 35 Paesi europei (nel 2006 era 11esimo su 26 Paesi)”. Ma il sistema dell’Ocse, a detta degli autori dell’analisi, “è il più completo e aggiornato”: non elabora alcuna classifica, ma permette di identificare la posizione del Ssn tricolore rispetto agli altri Paesi per 76 indicatori raggruppati in 9 categorie.

Nino Cartabellotta, presidente GIMBE

“Abbiamo analizzato performance e posizione dell’Italia per tutti gli indicatori Ocse – puntualizza Cartabellotta – elaborando per ciascuna delle 9 categorie una tabella che riporta per ogni indicatore la posizione in classifica dell’Italia, il dato nazionale e la media Ocse”. Ecco i risultati.

STATO DI SALUTE – Siamo in quarta posizione per aspettativa di vita alla nascita, spiega il Gimbe, ma in fondo alla classifica per mortalità cerebrovascolare (25° posto) e tumore (26°) e per basso peso alla nascita (29°).

FATTORI DI RISCHIO – L’Italia conquista la terza posizione per consumo giornaliero di frutta negli adulti e la quarta per bassa incidenza di sovrappeso o obesità negli adulti, ma emerge il peggioramento degli stili di vita nelle nuove generazioni: 28° posto per attività fisica moderata/intensa quotidiana negli adolescenti e 30° per percentuale di adolescenti fumatori.

ACCESSO ALLE CURE – Ai primi posti per tempi di attesa per intervento di cataratta (2°), protesi di ginocchio (3°) e d’anca (4°); al 20° posto per incidenza della spesa sanitaria out-of-pocket sui consumi totali delle famiglie.

QUALITA’ DELL’ASSISTENZA ED ESITI DI SALUTE – L’Italia conquista il podio per diversi indicatori: basso numero di ricoveri per diabete negli adulti (1° posto), bassa percentuale di ritenzione di materiale estraneo durante interventi chirurgici (1°), bassa percentuale di traumi ostetrici (2°), basso numero di ricoveri per asma e broncopneumopatia cronica ostruttiva negli adulti (2°), bassa mortalità a 30 giorni dopo ricovero per infarto del miocardio (2°), bassa percentuale di amputazione degli arti inferiori in pazienti diabetici adulti (3°). Siamo in fondo alla classifica per diverse vaccinazioni in età pediatrica, come epatite B (22°), difterite, tetano e pertosse (31°) e morbillo (44°); per mortalità per carcinoma della mammella e del colon-retto (24°), per prescrizioni di antibiotici (28°) e per leucemia in età pediatrica (32°).

PERSONALE – Il Belpaese è sotto la media Ocse per la maggior parte degli indicatori, occupando il fondo della classifica per percentuale di medici di 55 anni e più (30° posto), per numero di laureati in scienze infermieristiche (31°) e per rapporto medici/infermieri (35°).

EROGAZIONE DELL’ASSISTENZA – Siamo al quarto posto per disponibilità di apparecchiature per la risonanza magnetica (ma non rendiamo noto il numero di esami effettuati), in fondo alla classifica per tagli cesarei (27°) e degenza media del ricovero ospedaliero dopo infarto del miocardio (30°).

FARMACEUTICA – Conquistiamo la quarta posizione per farmacisti occupati, ma occupiamo il fondo alla classifica (26°) per utilizzo di farmaci equivalenti.

INVECCHIAMENTO E LONG-TERM CARE – A fronte di posizioni eccellenti per aspetti demografici (2° posto per percentuale di popolazione ≥65 anni e ≥80 anni), precipitiamo al 20° per aspettativa di vita in buona salute a 65 anni, al 21° per limitazioni nelle attività della vita quotidiana in 65enni e over, al 24° per la percentuale di coloro in questa fascia d’età che percepiscono uno stato di salute buona o ottima, al 28° per posti letto in strutture per la long term care e al 43° per elevata prevalenza della demenza.

“Le nostre analisi – conclude Cartabellotta – dimostrano che non è più tempo di illudersi utilizzando in maniera opportunistica le prestigiose posizioni del nostro Ssn riferite a classifiche obsolete (2° posto Oms), oppure che mettono in relazione l’aspettativa di vita con la spesa sanitaria pro-capite (3° posto Bloomberg). Piuttosto, grazie al completo e aggiornato sistema Ocse, occorre individuare le criticità e predisporre le azioni di miglioramento per allinearsi a standard internazionali“. ———————————————

 

Per quanto riguarda la Geriatria :

si ricorda con rammarico e incredulità che la valutazione multidimensionale geriatrica non è inclusa nei livelli essenziali di assistenza (LEA) !   Si spera che in futuro i nostri politici siano meno ageisti !



 

Il problema della gestione delle malattie croniche è crescente. Sono stati proposti tanti modelli di cure continue puntando alla efficacia, alla qualità e ai costi. La Regione Emilia-Romagna ha preso decisioni nel settore negli ultimi anni.  Sono stati riproposti di PDTA  delle singole malattie croniche. Ma una recente pubblicazione mette in luce su casistica regionale l’ importanza della multimorbilità e dei cluster di associazione delle malattie croniche. Vedi: multimorbidity emilia 16 BMJ fantini : questa ricerca non comprende la casistica domiciliare.

 

Il testo che segue è un documento della Regione Emilia-Romagna.

Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali (PDTA)  –  Regione Emilia-Romagna

 I percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (PDTA) sono interventi complessi basati sulle migliori

evidenze scientifiche e caratterizzati dall’organizzazione del processo di assistenza per gruppi specifici di

pazienti, attraverso il coordinamento e l’attuazione di attività consequenziali standardizzate da parte di

un team multidisciplinare. Da diversi anni, i PDTA vengono utilizzati per migliorare la qualità ed efficienza

delle cure, ridurre la variabilità nelle cure e garantire cure appropriate al maggior numero di pazienti.

La ricerca di soluzioni strutturali, tecnologiche e organizzative necessarie al riorientamento dei sistemi di

cure primarie per poter affrontare la domanda sempre più consistente e diversificata di servizi da parte

di una popolazione che vive più a lungo e con bisogni assistenziali multipli, individua nei PDTA, uno

strumento potenzialmente utile per rispondere a queste necessità.

In Emilia-Romagna la quota di cittadini ultra 65enni rappresenta infatti il 28,2% della popolazione, quella

degli ultra 75enni il 14,9% e quella degli ultra 85enni il 4,6%. Inoltre, è sempre più evidente come una

piccola percentuale di assistiti, in gran parte anziani fragili e ad alto rischio di ospedalizzazione, sia

responsabile dell’assorbimento di gran parte delle risorse sanitarie.

Il progressivo aumento del numero di pazienti con multimorbidità e bisogni di cura complessi

presuppone lo sviluppo di una medicina di iniziativa proattiva attraverso il potenziamento della rete dei

servizi territoriali, una maggiore integrazione con le strutture ospedaliere e lo sviluppo di sistemi che

mettano insieme professionisti dei settori sanitari e sociali, in una visione olistica della salute che tiene

conto dei diversi determinanti dello stato di salute.

Obiettivo dell’assistenza non deve essere soltanto la cura dei sintomi, bensì la promozione della salute, la

prevenzione primaria e secondaria delle ricadute, il miglioramento dello stato funzionale e della qualità

della vita unitamente ad una maggiore attenzione al contesto sociale e relazionale della persona. Per

raggiungere questi obiettivi è necessario ricollocare il paziente al centro del sistema di cura, non

considerandolo più come un recipiente passivo di cure episodiche: le cure devono essere coordinate,

garantite nel tempo (continue) e accessibili. Nel corso degli anni si è infatti assistito a una progressiva

frammentazione dei servizi assistenziali territoriali ed ospedalieri a causa dell’instaurarsi di progressive

barriere strutturali, finanziarie, culturali, organizzative e professionali.

La ridefinizione di modelli di “presa in carico” e di “continuità assistenziale” che mettono il paziente al

centro dell’assistenza, in un continuum dalla prevenzione alla diagnosi, al trattamento, al follow up e al

fine vita, trova supporto nello sviluppo e nel disegno di PDTA che attraverso il coinvolgimento ed il

coordinamento di professionisti/servizi diversi, rivedano non solo i comportamenti ed i percorsi

all’interno dei nodi della rete ma anche i sistemi per governarli.

Agire sull’appropriatezza degli interventi terapeutico-assistenziali riorganizzando e standardizzando i

processi di cura e monitorandone l’impatto non solo clinico ma anche organizzativo ed economico,

consentirà non solo di migliorare la qualità delle cure ma anche di affrontare il tema generale della

limitatezza delle risorse attraverso una razionalizzazione dell’offerta e non solo una loro riduzione.

Obiettivi generali del progetto nel triennio e risultati attesi

Obiettivo generale del progetto sarà utilizzare lo strumento PDTA per promuovere percorsi di

miglioramento delle cure ed assicurare l’effettiva presa in carico di determinate categorie di pazienti

unitamente alla maggiore integrazione dei servizi. Verranno altresì sviluppati sistemi di valutazione che

consentiranno di monitorare e valutare l’impatto clinico ed economico dei percorsi implementati.

 

Per fare fronte alla trasformazione in atto della domanda assistenziale, da alcuni anni è in corso in

regione Emilia-Romagna un processo di riorganizzazione dei servizi di assistenza primaria attraverso il

rafforzamento della presa in carico territoriale dei pazienti con patologie croniche e il completamento

del percorso delle Case della salute, punto di riferimento per l’accesso e l’erogazione delle cure. La Casa

della salute rappresenta il luogo in cui poter sperimentare percorsi di integrazione sociale e sanitaria che

prevedano accoglienza, orientamento ai servizi, continuità assistenziale, gestione delle patologie

croniche e partecipazione della comunità. Per alcune delle più diffuse patologie croniche, ad esempio

scompenso cardiaco e diabete mellito, sono già stati sviluppati e formalizzati percorsi diagnosticoterapeutici assistenziali a supporto del modello clinico-organizzativo di presa in carico integrata dei pazienti.

Le banche dati amministrative correnti, rappresentano una fonte estremamente preziosa di informazioni

che possono essere utilizzate a supporto della valutazione dell’impatto e del monitoraggio dei percorsi

assistenziali. La valutazione della capacità di identificare specifiche categorie di pazienti e dell’esaustività

delle informazioni necessarie a determinare l’impatto dell’implementazione di modelli organizzativi

innovativi e non, verranno testate e validate su specifiche patologie di particolare rilevanza, in alcune

realtà aziendali di questa regione. A supporto dello sviluppo del modello, verranno condotti studi ad hoc

di tipo qualitativo e/o quantitativo per colmare i gap informativi insiti nelle banche dati correnti.

Lo sviluppo del sistema di monitoraggio e valutazione terrà conto delle più recenti metodologie

sviluppate in ambito internazionale per la valutazione degli interventi complessi (analisi del contesto,

modalità di implementazione e preferenze dei pazienti), delle esperienze realizzate a livello regionale e

nazionale e dell’analisi critica della letteratura corrente.

 

ANALISI ECONOMICA DEI PERCORSI DIAGNOSTICO TERAPEUTICI ASSISTENZIALI E VALUTAZIONE ORGANIZZATIVA E DI

COSTO DI ALCUNI PERCORSI

Le esigenze conoscitive a supporto dei processi decisionali, rendono necessaria una valutazione

economica ed organizzativa di alcuni dei percorsi diagnostico terapeutici e assistenziali attuati

recentemente nell’ambito dei percorsi di riorganizzazione dei servizi territoriali e delle reti ospedaliere.

Il PDTA, in quanto sistema integrato di servizi e prestazioni erogate da una equipe multidisciplinare in

differenti contesti organizzativi (cure primarie, intermedie ed ospedaliere) richiede il superamento del

modello concettuale di valutazione clinico-assistenziale ed economica per singola unità di offerta, al

quale gli attuali modelli di osservazione e controllo sono prevalentemente, se non esclusivamente,

orientati. L’integrazione delle procedure e dei piani assistenziali tra diverse modalità di erogazione

richiede un monitoraggio e una valutazione critica distinti in relazione alle risorse utilizzate e ai risultati

raggiunti nelle diverse fasi e nei differenti contesti.

Il progetto di ricerca prevede:

– l’individuazione di alcuni specifici PDTA, per rilevanza clinica della patologia, disponibilità di

informazioni aggiuntive rilevabili da registri di patologia, diffusione di linee di indirizzo per la gestione

integrata;

– la rilevazione delle singole prestazioni effettuate da gruppi di pazienti omogenei per patologia e

gravità, e dei costi reali sostenuti in differenti contesti organizzativi. L’analisi consentirà di analizzare

lo scostamento tra i costi reali sostenuti ed i costi tariffati; di confrontare il costo dei PDTA teorici,

sulla base delle linee-guida correnti, con il costo dei PDTA reali sulla base delle modalità

organizzative implementate; di analizzare la variabilità nei costi inter ed intra aziendali; di valutare il

grado di completezza delle informazioni contenute nelle banche dati amministrative correnti rispetto

ai registri per patologia;

– la valutazione dell’impatto prodotto sui singoli PDTA esaminati dalle forme associative attualmente

adottate dai medici di medicina generale e dagli assetti organizzativi sviluppati nell’ambito delle cure

primarie, considerando anche le differenziazioni territoriali che contribuiscono a definire il contesto

locale in cui il medico opera, le caratteristiche del distretto e dell’azienda di appartenenza, il ruolo

degli incentivi economici contrattualmente previsti per specifici percorsi e quello degli effetti aspetti

spaziali legati alla contiguità geografica dei territori nell’implementazione e diffusione delle scelte

assistenziali definite attraverso PTDA.

L’applicazione di metodologie statistico-econometriche alla rilevazione di attività, esiti e costi nel

contesto dei percorsi assistenziali, permetterà di definire un modello di valutazione clinico-assistenziale

ed economica dei percorsi, che tenga conto delle diverse fasi del processo, delle differenti strutture

organizzative in cui si realizzano e degli esiti ottenuti.

 



I PDTA https://assr.regione.emilia-romagna.it/it/ricerca-innovazione/PDTA sono proposti per la gestione delle malattie croniche, una alla volta. L’ anziano è tipicamente portatore di multimorbilità: PDTA non sembra idoneo ad affrontare la complessità clicia ed assistenziale di questi pazienti.

In Geriatria si deve pensare e realizzare MODELLI di cura innovativi e multi-professionali per la presa in carico e gestione dei pazienti anziani con patologie croniche multiple e disabilità conseguente.
Tra i diversi modelli sperimentati, GRACE (GeriatricResources for Assessment and Care of Elderls), Guided Care and PACE (Program of All-inclusive Care for the Elderly) sembrano poter migliorare la qualità di cura e soprattutto la qualità di vita dei pazienti anziani complessi, senza incrementare in maniera significativa il consumo di risorse economiche.

Questi modelli, pur avendo caratteristiche distintive tra loro quali per esempio
la composizione del gruppo multidisciplinare, alcuni criteri di inclusione dei pazienti e la tipologia di copertura assicurativa, condividono gli elementi teorici e metodologici fondamentali:
• Valutazione multidimensionale geriatrica
• Sviluppo di un piano di cura con protocolli basati sull’evidenza
• Implementazione continuativa del piano
• Monitoraggio standardizzato e continuo dello stato clinico del paziente e della sua aderenza al piano di cura
• Integrazione e coordinamento dei diversi operatori sanitari coinvolti (cure primarie, cure specialistiche, ospedali, dipartimenti d’emergenza, strutture territoriali)
• Facilitazione del trasferimento da ospedale a strutture post-acuzie
• Facilitazione dell’utilizzo di servizi territoriali.

I risultati degli studi clinici che hanno confrontato questi modelli assistenziali integrati, rispetto all’assistenza tradizionale, suggeriscono effetti positivi:
in termini di soddisfazione da parte dei pazienti e dei caregiver, minori accessi in Pronto Soccorso, minore tasso di ospedalizzazione, e in alcuni casi, una maggiore sopravvivenza.

( da Volpato, unife)



In Italia sono tanti i letti per gli anziani nelle strutture : circa 250000

Di quale assistenza e cura usufruiscono ?  Di certo poco si sa: l’ impressione è che prevalga il fai da te .

La medicina/geriatria delle residenze non è argomento didattico nel corso di laurea di Medicina e Chirurgia.

Tanto si deve fare anche sul piano della ricerca per migliorare la qualità e la sicurezza delle cure in questo setting.

 

Si veda : Nursing-home-o-care-home-in-Italia


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