I PROBLEMI DEI TANTI ANZIANI ANCHE SUI QUOTIDIANI
SEMPRE PIÙ VECCHI E SOLI. REALTÀ DA AFFRONTARE SENZA COMODE RIMOZIONI
La solitudine degli anziani affiora in questi giorni dalla cronaca nera.
Uxoricida per amore e per pena sembra essere il signore di Torino che, scopertosi ammalato e non potendo più accudire la moglie dipendente da lui, le ha sparato prima di suicidarsi. E altre storie analoghe si raccontano, fra le quali quella dell’ anziano di recente graziato dal presidente Mattarella, dopo la condanna a 14 anni per aver soffocato la moglie sofferente per una grave demenza. Dietro tanta disperazione c’è una quotidianità fatta di vecchi abbandonati in ospedale oppure resistenti nelle loro case pur di non lasciare la sicurezza degli affetti domestici. Proviamo tutti a rimuovere i problemi di un welfare che non funziona e funzionerà sempre meno . Ma non è possibile girarsi dall’ altra parte quando si vive in uno dei Paesi con la più alta età media del mondo e quasi un quarto della popolazione con più di 65 anni. In molte regioni le Rsa scarseggiano e anche laddove così non è, anziani e famiglie ritardano il più possibile l’ accesso in queste strutture, in parte per i costi, in parte per la tristezza che emanano.
L’ assistenza a domicilio che vuole anche dire mandare ogni tanto un infermiere o un medico, ma non solo, è un termine abusato quanto irreale, si sta vicini e si assiste in tanti modi non solo curando le malattie del corpo, e la vecchiaia non è solo un insieme di disturbi di vari organi. Anche in famiglia, una volta caposaldo dell’assistenza, da tempo è spesso venuta meno, cambiati i valori e le priorità sociali, e chi non lo crede faccia un giro in ospedale durante i periodi prefestivi o festivi, quando in pochi si preoccupano del Natale da trascorrere assieme e molti invece delle vacanze a rischio per via del congiunto che dovrà essere dimesso.
Si tratta di ripensare una questione sociale culturale che non può essere elusa con comode rimozioni: per farlo bisogna cominciare a guardare in faccia la realtà.
Sergio Harari, Corriere della Sera, 2018